Lo schedulatore della produzione (scheduler) è il perno dell’efficienza produttiva. Per quanto non sia l’unico fattore a concorrere verso il risultato finale, da esso dipende buona parte della capacità dell’impresa di assecondare mercati sempre più caotici e imprevedibili, nonché di rispettare i tempi di produzione e le date di consegna richieste dai clienti, un fattore essenziale ai fini della competitività. È dunque palese il fatto che, al di là della teoria e di infiniti studi sull’ottimizzazione dei cicli produttivi, il fatto stesso che esista, che sia un prodotto di alto livello e che venga usato nel migliore dei modi (cosa che dipende, in larga parte, dall’esperienza) sono prerequisiti di una produzione capace di affrontare le sfide degli anni Venti.
Assodato il suo ruolo centrale nella gestione delle attività di manufacturing, proviamo a dare una definizione più precisa di questo strumento. Cos’è, quindi, uno schedulatore della produzione?
Un production scheduler è, come lascia intuire il nome, un elemento di pianificazione immediata che indica tempi e attività necessarie all’esecuzione di un ciclo produttivo. Si tratta, tipicamente, di un applicativo software che organizza le sequenze di operazioni necessarie ai fini della realizzazione di un prodotto, assegnando priorità e definendo tempi limite, ottimizzando i carichi di lavoro e tenendo conto dei vincoli legati all’attrezzaggio del piano macchine o ad altri parametri.
Già questa sommaria definizione lascia intuire l’importanza di uno schedulatore della produzione, in particolare per garantire efficienza e redditività. Una schedulazione poco accurata, infatti, può portare sia a un sovraccarico tale da generare ritardi e inefficienze, sia al sottoutilizzo delle risorse a disposizione con conseguente incremento dei costi.
Una distinzione importante va fatta tra la schedulazione e la pianificazione vera e propria della produzione. Da questo punto di vista lo scheduler opera su un ambito più ristretto, definendo essenzialmente l’organizzazione del plant floor più funzionale al completamento di un ciclo produttivo.
La pianificazione della produzione, invece, è un’attività che si situa a un livello più elevato in quanto valuta la fattibilità di un piano di produzione in rapporto alle risorse a disposizione. In quanto tale, considera la disponibilità di approvvigionamenti e studia la domanda di mercato, simula l’impatto di possibili criticità sull’avanzamento dei lavori e verifica la corrispondenza dei tempi stimati di consegna a quelli effettivi.
Uno schedulatore della produzione è fondamentale, quindi, ma quale? E come usarlo al meglio, come sincronizzare gli step, come definire le priorità? Tutti questi fattori sono strettamente connessi: usarlo al meglio è infatti legato all’esperienza, alla conoscenza delle risorse disponibili, degli obiettivi da raggiungere e dei cicli di produzione, ma anche alla capacità di prevedere - anche qui, un portato dell’esperienza - eventuali imprevisti e, soprattutto, alla flessibilità dello strumento. I termini esatti per descrivere l’attività di schedulazione e lo schedulatore stesso sono proprio questi: trade-off e flessibilità.
Col primo si ha a che fare ogni giorno: in un mondo ideale, lo shopfloor riceve i materiali in perfetta puntualità e realizza prodotti di alta qualità, nei tempi e coi costi previsti, ovviamente in funzione degli ordini e delle previsioni. Il tutto, senza particolari intoppi. La realtà è tutt’altra cosa, e l’attualità ci aiuta molto a comprenderlo: se le fabbriche di un’intera area rallentano o interrompono la produzione, questo si ripercuote a cascata sui fornitori e soprattutto sui clienti, che devono rivedere tutti i piani per far fronte a un evento potenzialmente disruptive. Lo scheduling è quindi sempre un bilanciamento, più razionale ed efficiente possibile, tra gli obiettivi di produzione, i costi, le risorse disponibili, le attività di manutenzione e gli imprevisti, che inevitabilmente si presentano.
Lo schedulatore deve quindi offrire la massima flessibilità possibile: deve consentire non solo una riorganizzazione rapida ed efficiente delle risorse (il caso da manuale è l’ordine imprevisto da parte del cliente importante cui va data priorità), ma anche la possibilità di simulare scenari a capacità finita, offrendo il massimo livello di dettaglio e precisione: per esempio, sarebbe possibile intensificare la produzione nei prossimi tre giorni e magari nel weekend? Che rapporto costi/benefici si potrebbe prevedere considerando l’aumento nel numero dei turni, gli interventi di manutenzione già previsti e la disponibilità delle scorte? Le macchine sarebbero disponibili? Ecco, un buon schedulatore permette tutto ciò e anche molto altro, tra cui modalità di gestione automatica e la definizione di diverse modalità di ottimizzazione del piano di lavoro, così da soddisfare delle esigenze specifiche dell’azienda. Per esempio, la riduzione dei tempi di attrezzaggio.
Da quanto detto sopra emerge l’importanza di avere uno schedulatore che operi a capacità finita. Il vantaggio è appunto quello di poter organizzare la produzione in funzione dei vincoli esistenti, così da definire la migliore organizzazione del lavoro nelle condizioni date.
Rispetto a una schedulazione a capacità infinita, che opera senza considerare eventuali limitazioni organizzative, questa soluzione consente allora di definire tempistiche e cicli di lavoro più in linea con le possibilità effettive del plant floor. Quindi, di far lavorare meglio macchine e operatori, rispettare i tempi pattuiti e, più in generale, mantenere la massima efficienza produttiva.
Lo schedulatore della produzione è dunque essenziale. In un mondo in cui i margini si assottigliano sempre di più, i tempi di consegna sono sempre più ristretti e non possono essere disattesi, l’ottimizzazione della produzione deve essere millimetrica: in un combinato disposto di tempo, risorse e task da gestire (ordini e forecast, principalmente), l’ipotesi che i macchinari restino inutilizzati anche per poco tempo, che l’assenza di un addetto rallenti la produzione, che l’aggiunta in extremis di un ordine non possa essere gestita al meglio sono cose che non devono succedere. O meglio, che succedono ma che vanno gestite con tempestività ed efficienza anche negli ambienti più complessi, dove il prodotto finale è il risultato di processi e sotto-processi, e dove il mercato è talmente dinamico (talvolta, caotico) da rendere assolutamente ordinario l’imprevisto. Tutto ciò, ripetiamo, deve essere gestito in modo flessibile, facendo in modo che la qualità del prodotto non ne risenta e i tempi restino allineati a quanto richiesto dal cliente. Senza uno schedulatore della produzione con capacità avanzate, la situazione non potrebbe essere sostenibile e l’efficienza crollerebbe a picco.
Il punto resta quindi sempre quello della flessibilità, ovvero capacità di gestire esigenze che cambiano di giorno in giorno e che, anche se non c’entrano con eventi particolarmente disruptive (guasto tecnico, per esempio), sono del tutto connaturati con un mercato che ogni giorno vuole qualcosa di nuovo e a cui si deve dare una risposta concreta. Un buon schedulatore, ricco di funzionalità, con una buona user experience - fattore centrale, anche se spesso sottovalutato - e gestito con esperienza, ha precisamente queste risposte.