Gestire una catena di approvvigionamento è complicato, come hanno plasticamente dimostrato prima la pandemia e quindi il blocco delle supply chain dell’autunno 2021. Specialmente quando le filiere si fanno transnazionali, le variabili in gioco sono molte e impattano a vario titolo su tempi, costi e performance.
Anche per questo motivo, è in corso un ripensamento delle catene di approvvigionamento in ottica agile che punta essenzialmente a tre obiettivi:
Secondo un sondaggio condotto da McKinsey su un campione di supply chain executives, i due terzi degli intervistati pretendono ora dai fornitori piani specifici per garantire continuità operativa. Di più: il 93% sta pianificando interventi sulle proprie catene di approvvigionamento, tra reshoring e differenziazioni funzionali, che le rendano più agili e sostenibili.
Di che tipo di interventi si tratta, in concreto, e cosa differenzia in positivo una supply chain agile?
La chiave è in quell’aggettivo. L’agilità consente infatti a una catena di approvvigionamento di:
Una gestione snella della supply chain, così, la rende più resiliente e naturalmente efficiente, motivo per cui una ristrutturazione in questa direzione è quasi imperativa al giorno d’oggi. Per farlo, può servire adottare strumenti di gestione specializzati, come le soluzioni SAP per la pianificazione intelligente della Supply Chain. Strumenti che consentono di digitalizzare i processi di procurement, monitorarne in tempo reale le istanze, integrare i workflow, elaborare analisi predittive e anticipare le criticità.
In poche parole: con gli strumenti giusti, una catena di approvvigionamento agile consente una gestione più agevole e proattiva.
Una catena di approvvigionamento funziona particolarmente bene quando ha tempi rapidi e certi. L’importanza del fattore tempo è difficile da sottostimare: è fondamentale infatti sia per gestire gli aspetti logistico-produttivi sia per soddisfare le esigenze del mercato.
Ottimizzare i tempi della filiera è un primo risultato che si può ottenere con una soluzione di gestione digitalizzata. I processi si fanno più fluidi e rapidi, infatti, nel momento in cui c’è una visibilità in tempo reale di esigenze e disponibilità. Gestendo le forniture in funzione della domanda attuale o prevista di materie prime o semilavorati nel ciclo produttivo, si arriva così a un’ottimizzazione dello stock. La gestione digitale della catena di approvvigionamento, del resto, migliora anche la fase di pianificazione. Può infatti servirsi della Business Intelligence per allineare la domanda all’offerta, anticipare trend o valutare alternative. Anche in questo caso, ne risulta una gestione più agile e dinamica delle forniture, che ha un impatto positivo a tutti i livelli, primo tra tutti la cost-effectiveness.
La gestione on-demand degli approvvigionamenti va naturalmente bilanciata con la necessità di evitare stockout e difendersi dagli imprevisti. Anche qui, però, una digitalizzazione dei processi può servire a minimizzare i rischi. Per esempio efficientando le procedure di risk management. Oppure, più prosaicamente, favorendo una migliore selezione dei fornitori in base a KPI specifici di affidabilità.
Una catena di approvvigionamento digitalizzata è dunque precondizione essenziale per una supply chain agile. Una gestione snella della supply chain si avvale infatti del digitale per ottenere, tra le altre cose:
Quelli decritti sopra sono solo alcuni vantaggi di una catena di approvvigionamento digitalizzata. Processi più fluidi, tempi più rapidi, minori costi di gestione. Ma non è tutto: una catena di approvvigionamento agile è anche più sostenibile, e qui l’accezione sostenibile ha più di un significato.
Il primo è quello della convenienza per l’azienda. Una catena di approvvigionamento agile ha infatti minori costi e di conseguenza maggiori margini operativi. Dati riferiti al comparto industriale USA stimano che l’ottimizzazione della supply chain possa ridurre fino al 40% i costi di gestione.
L’ottimizzazione degli stock, tra le altre cose, riduce il capitale immobilizzato. Le merci entrano in magazzino quando è effettivamente necessario, grazie a un monitoraggio più preciso delle esigenze produttive. Dal monitoraggio arrivano dati che, elaborati digitalmente, offrono insights utili per pianificare proattivamente le forniture. Ciò significa anche evitare acquisti dell’ultimo minuto e, spesso, poter scegliere i prezzi, la qualità e le condizioni migliori.
La seconda accezione di sostenibilità riguarda invece i consumi e l’impatto ambientale, un fattore sempre più importante nei processi decisionali. Una catena di approvvigionamento più efficiente, da questo punto di vista, riesce a ridurre inefficienze e ridondanze.
Il modello delle supply chain transnazionali è andato in crisi per il Covid, certo. Da tempo, però, erano emerse anche le criticità legate alla sua devastante impronta ecologica. Ora, una riflessione su come ridisegnare queste catene di approvvigionamento estese sta avvenendo anche in ambito corporate e a livello istituzionale. Una gestione più snella delle catene di approvvigionamento, allora, può risultare più sostenibile per diversi motivi.
Per esempio, aumenta il livello di visibilità sui processi e gli attori coinvolti, aiutando a controllare e verificare il rispetto di norme, standard e linee guida HSE (Health, Safety & Environmental). Inoltre, ottimizza gli spostamenti, riducendo frequenza ed ampiezza delle movimentazioni di merce. Ancora, riduce sensibilmente i consumi energetici di un’azienda e, in generale, l’impiego delle risorse. Infine, con il vero e proprio e-procurement, può abbattere i consumi legati alla gestione documentale, e abilitare quindi modelli operativi paperless per copie, sottoscrizioni, archiviazioni.
Una governance agile delle catene di approvvigionamento sembra dunque fondamentale per le aziende del prossimo futuro. Garantisce infatti un importante vantaggio competitivo ottimizzando costi, tempi e possibilità operative. Inoltre, disegna processi non solo più snelli e cost-effective, ma anche più resilienti, in grado di assorbire meglio eventi disruptive di vario tipo.
Non stupisce, allora, notare come secondo il rapporto Istat 2021 solo il 4,1% delle aziende a digitalizzazione matura abbia sofferto un ridimensionamento delle attività durante il lockdown del 2020.
Fonti: